martes, 15 de marzo de 2011

lunes, 14 de marzo de 2011

El sentido del pecado, según Benedicto XVI


Durante el ángelus, de ayer domingo, Benedicto XVI ha reflexionado sobre el significado del pecado y ha resaltado que Dios no ha venido al mundo a condenar sino a salvar a los hombres. Fue durante el primer domingo de Cuaresma, en el que la Iglesia católica propone el Evangelio de las tentaciones de Jesús en el desierto.


Benedicto XVI
“El diablo se opone con todas sus fuerzas a este plan definitivo y universal de la salvación, como demuestra en particular el Evangelio de las tentaciones de Jesús en el desierto, que se proclama cada año el primer domingo de Cuaresma. De hecho, entrar en este tiempo litúrgico significa unirse de nuevo a Cristo contra el pecado, afrontar -individualmente y como Iglesia- la batalla espiritual contra el maligno”.

Además, según el Papa, la sociedad no habla actualmente de pecado porque tampoco tiene en cuenta a Dios.

Benedicto XVI
“Si se elimina a Dios del horizonte del mundo no se puede hablar de pecado. Igual que cuando se oculta el sol desaparecen las sombras; la sombra sólo aparece si hay sol, por lo que el eclipse de Dios supone obligatoriamente el eclipse del pecado”.

Por otro lado, el Papa recordó a las víctimas del trágico terremoto que ha asolado Japón y que ha dejado miles de muertos.

Benedicto XVI
“Rezo por las víctimas y sus familias, y por todos los que sufren estos terribles acontecimientos. Animo a aquellos que, con una rapidez encomiable, están trabajando para llevar ayuda”.

Tras conocer la catástrofe, el Papa donó inmediatamente 150.000 dólares al país y dio todo su apoyo al personal de rescate que está realizando “grandes esfuerzos para asistir al valiente pueblo japonés”.

También Benedicto XVI pidió a los asistentes al ángelus que recen por él y por la Curia vaticana durante esta semana en la que hará sus ejercicios espirituales.

Antes de irse, saludó a un grupo muy numeroso de motoristas que se hicieron sentir en la Plaza de San Pedro.

domingo, 13 de marzo de 2011

viernes, 11 de marzo de 2011

MIS PUBLICACIONES...

Hace ya mucho tiempo no publico nada en este sitio. No es que me haya retirado; he estado publicando en mi Blog personal. Si quieren seguir mis publicaciones personales, hagan clic en la imagen. Esto no significa que no volveré a publicar aquí. Ahora mismo les comparto un poco sobre el Libro del Papa "Jesús de Nazaret" 

Tempo fa non publico niente su questo sito. Non è che ormai mi sia ritirato e non continui a publicare; tutt'altro: sto publicando sul mio Blog personale. Se volete seguire le mie publicazioni personali, cliccate sull'immagine sotto. Il che no vuol dire che non continuerò a publicare qui. Oggi stesso vi condivido un po' sul Libro del Papa "Gesù di Nazaret"




Gesù di Nazaret II, J.Ratzinger, BENEDETTO XVI

dal Blog di Andrea Tornielli: Sacri Palazzi
«Di fatto, l’annuncio apostolico col suo entusiasmo e con la sua audacia è impensabile senza un contatto reale dei testimoni con il fenomeno totalmente nuovo ed inaspettato che li toccava dall’esterno e consisteva nel manifestarsi e nel parlare del Cristo risorto. Solo un avvenimento reale di una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l’annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche».

Con queste parole Benedetto XVI, nel secondo volume dedicato alla figura del Nazareno (Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme alla resurrezione, Libreria Editrice Vaticana, 348 pp., 20 euro, in vendita da oggi), spiega il «Big Bang» che sta all’origine del cristianesimo nel capitolo dedicato alla resurrezione. Senza un evento «reale», dunque veramente accaduto, e «radicalmente nuovo» – afferma il Papa – non si riescono a comprendere e giustificare i primi passi della fede cristiana. Il nuovo libro di Ratzinger, che non è un atto di magistero, ma il contributo di uno studioso appassionato della figura di Cristo, affronta l’ultima settimana della vita terrena del Nazareno e i drammatici eventi della sua cattura e crocifissione fino all’epilogo della resurrezione. Questi alcuni passaggi salienti del volume che il Giornale ha letto in anteprima (vi invito anche a leggere questo editoriale su La Bussola,quest’altra sintesi e questo ampio stralcio del capitolo sulla resurrezione).
Gesù non è un rivoluzionario politico
«Si è calmata – scrive il Papa – l’onda delle teologie della rivoluzione che, in base ad un Gesù interpretato come zelota, avevano cercato di legittimare la violenza come mezzo per instaurare un mondo migliore – il “Regno”. I risultati terribili di una violenza motivata religiosamente stanno in modo troppo drastico davanti agli occhi di tutti noi. La violenza non instaura il regno di Dio, il regno dell’umanesimo. È, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo – per quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistica. Non serve all’umanesimo, bensì alla disumanità [...]. Gesù non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione».

La Chiesa non si preoccupa di convertire gli ebrei
Il Papa cita Hildegard Brem, la quale, commentando un passo di Paolo, afferma: «La Chiesa non deve preoccuparsi della conversione dei Giudei, perché occorre aspettare il momento stabilito da Dio “quando la totalità dei gentili avrà raggiunto la salvezza” (Rm 11,25). Al contrario, i Giudei sono essi stessi una predica vivente, alla quale la Chiesa deve rimandare, perché richiamano alla mente la passione di Cristo»… «Nel frattempo Israele – scrive Ratzinger – conserva la propria missione. Sta nelle mani di Dio, che al tempo giusto lo salverà “interamente”, quando il numero dei pagani sarà completo».

Le persecuzioni dei cristiani
«Un elemento importante del discorso escatologico di Gesù è l’accenno alle future persecuzioni dei suoi. Anche qui è presupposto il tempo dei pagani, perché il Signore non dice soltanto che i suoi discepoli verranno consegnati a tribunali ed a sinagoghe, ma che verranno portati anche davanti a governatori e re (cfr Mc 13,9): l’annuncio del Vangelo starà sempre sotto il segno della croce – è ciò che i discepoli di Gesù in ogni generazione devono imparare nuovamente. La croce è e resta il segno del “Figlio dell’uomo”: la verità e l’amore, nella lotta contro la menzogna e la violenza, non hanno altra arma, in fin dei conti, che la testimonianza della sofferenza».

I fatti del Vangelo sono accaduti davvero
«Il messaggio neotestamentario non è soltanto un’idea; per esso è determinante proprio l’essere accaduto nella storia reale di questo mondo: la fede biblica non racconta storie come simboli di verità meta-storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie di questa terra».

L’eucaristia non potevano inventarsela
«L’idea del formarsi dell’Eucaristia nell’ambito della “comunità” è anche dal punto di vista storico assolutamente assurda. Chi avrebbe potuto permettersi di concepire un tale pensiero, di creare una tale realtà? Come avrebbe potuto essere che i primi cristiani – evidentemente già negli anni 30 – accettassero una simile invenzione senza fare obiezioni? [...] Solo dalla peculiarità della coscienza personale di Gesù poteva nascere questo».

Il male del mondo
«Dio non può semplicemente ignorare tutta la disobbedienza degli uomini, tutto il male della storia, non può trattarlo come cosa irrilevante ed insignificante. Una tale specie di “misericordia”», di “perdono incondizionato” sarebbe quella “grazia a buon mercato”, contro la quale Dietrich Bonhoeffer, di fronte all’abisso del male del suo tempo, si è a ragione pronunciato. L’ingiustizia, il male come realtà non può semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Solo questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso – questa è la bontà “incondizionata” di Dio, una bontà che non può mai essere in contraddizione con la verità e la connessa giustizia.

Gesù separa fede e politica
«Gesù, nel suo annuncio e con tutto il suo operare, aveva inaugurato un regno non politico del Messia e aveva cominciato a staccare l’una dall’altra le due realtà, fino ad allora inscindibili. Ma questa separazione di politica e fede, di popolo di Dio e politica, appartenente all’essenza del suo messaggio, era possibile, in definitiva, solo attraverso la croce: solo attraverso la perdita veramente assoluta di ogni potere esteriore, attraverso lo spogliamento radicale della croce, la novità diventava realtà. [...] Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, Egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza».

Il sapere scientifico non ci fa conoscere la verità
«Nella grandiosa matematica della creazione, che oggi possiamo leggere nel codice genetico dell’uomo, percepiamo il linguaggio di Dio. Ma purtroppo non il linguaggio intero. La verità funzionale sull’uomo è diventata visibile. Ma la verità su lui stesso – su chi egli sia, di dove venga, per quale scopo esista, che cosa sia il bene o il male – quella, purtroppo, non si può leggere in tal modo. Con la crescente conoscenza della verità funzionale sembra piuttosto andare di pari passo una crescente cecità per “la verità” stessa – per la domanda su ciò che è la nostra vera realtà e ciò che è il nostro vero scopo».

Ponzio Pilato e la giustizia
«Pilato conosceva la verità di cui si trattava in questo caso e sapeva quindi che cosa la giustizia richiedeva da lui. Ma alla fine vinse in lui l’interpretazione pragmatica del diritto: più importante della verità del caso è la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e così si giustificò davanti a se stesso. Un’assoluzione dell’innocente poteva recare danno non solo a lui personalmente – il timore per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire -, ma poteva anche provocare ulteriori dispiaceri e disordini che, proprio nei giorni della Pasqua, erano da evitare. La pace fu in questo caso per lui più importante della giustizia».

Il buon ladrone
«Così nella storia della devozione cristiana il buon ladrone è diventato l’immagine della speranza – la certezza consolante che la misericordia di Dio può raggiungerci anche nell’ultimo istante; la certezza, anzi, che dopo una vita sbagliata, la preghiera che implora la sua bontà non è vana. “Tu che hai esaudito il ladrone anche a me hai dato speranza”, prega ad esempio anche il Dies irae».

La Sindone, una reliquia
«È importante la notizia secondo cui Giuseppe comprò un lenzuolo in cui avvolse il defunto. Mentre i sinottici parlano semplicemente di un lenzuolo al singolare, Giovanni usa il plurale “teli” di lino secondo l’usanza giudaica nelle sepolture – il racconto della risurrezione ritorna su questo ancora più dettagliatamente. La questione circa la concordanza con la sindone di Torino non deve qui occuparci; in ogni caso, l’aspetto di tale reliquia è in linea di massima conciliabile con ambedue i rapporti».

La resurrezione
«La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti. Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere dell’uomo e sul suo dover essere – una sorta di concezione religiosa del mondo -, ma la fede cristiana è morta. Gesù in tal caso è una personalità religiosa fallita».

Le donne nella Chiesa
«Come già sotto la croce – a prescindere da Giovanni – si erano ritrovate soltanto donne, così era a loro destinato anche il primo incontro con il Risorto. La Chiesa, nella sua struttura giuridica, è fondata su Pietro e gli Undici, ma nella forma concreta della vita ecclesiale sono sempre di nuovo le donne ad aprire la porta al Signore, ad accompagnarlo fin sotto la croce e a poterlo così incontrare anche quale Risorto».

Il metodo di Dio
«È proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di “vedere”. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore. E ciò che apparentemente è così piccolo non è forse – pensandoci bene – la cosa veramente grande?».


lunes, 24 de enero de 2011

VIVIR COMO CURA...

Comparto con Ustedes este testimonio que me encontré en Internet (Religión Digital)


Muchas veces hemos escuchado o pronunciado la expresión 'Vivir como un cura' para referirnos a una buena vida... pero qué curioso que entre los miembros del clero esa frase significa todo lo contrario. Y es que si a muchos de nosotros, en nuestra profesión nos dijeran que por unos 700 euros mensuales debemos estar disponibles y localizables 24 horas al día, coger el coche y hacer unos 900 kilómetros al mes, jubilarnos pasados los 70 años y tener que hablar con cientos de personas cada mes, escuchar problemas y tener que hacerlo siempre con una sonrisa, nos lo pensaríamos. Lo cuenta Laura Montalvo en El Ideal.
Y ¿qué profesión es ésta en la que los sindicatos permiten semejantes condiciones laborales? La de sacerdote. Sí, en la provincia de Almería varias personas viven como un cura, exactamente 121, que tienen que atender las 212 parroquias que existen en la diócesis. Las cuentas no cuadran, pero se hace que cuadren encargando a un sacerdote tres y cuatro parroquias a la vez, porque es cierto que en los tiempos que corren ya no hay tantas vocaciones, entran menos personas al seminario mientras que las poblaciones crecen y necesitan sacerdotes, porque aún sigue siendo la religión católica la mayoritaria en este país laico.
Antiguamente varios municipios tenían más de un sacerdote, como es el caso de Berja y sus barrios o Níjar, y en núcleos como El Ejido o Roquetas se hace necesario más de un cura por la enorme población pero ahora un cura es un bien escaso y una misma persona debe encargarse de varias poblaciones.
La nueva generación
Es el caso de José Manuel Palma Segura, párroco de la iglesia de la Encarnación de Laujar de Andarax y de la de San Andrés de Fondón, así como administrador parroquial en la Encarnación de Fuente Victoria y San Juan Bautista de Benecid.
Con 32 años forma parte de la nueva generación de sacerdotes almerienses. Natural de Huércal Overa se encarga además de la oficina de comunicación del Obispado. Al finalizar sus estudios ingresó en el seminario mayor de Almería, donde estudió Teología y Filosofía. Fue ordenado presbítero en 2003 y su primer destino fue Adra, donde durante dos años atendió las parroquias de las barriadas.
Después ejerció de sacerdote en Mojácar y Turre. «Y en 2004 el obispo me pidió que estudiara Periodismo y Comunicación audiovisual porque hacía falta para la diócesis una persona que se encargara de eso, y estudié en la Facultad de Periodismo de la Universidad Católica de San Antonio en Murcia. Fue muy duro pero terminé en tres años y la verdad es que me gustó mucho». ¿Y qué tiene que ver un cura con el periodismo? Pues él mismo responde que «Jesucristo fue uno de los grandes comunicadores de la historia».
Ahora compagina su labor de periodista en el obispado con un arduo trabajo en laAlpujarra, donde llega a recorrer más de 900 kilómetros al mes, y atiende a una población de unas 3.500 personas en cuatro entidades locales, aunque su residencia la tiene en Laujar de Andarax .
«No tengo un horario fijo, tengo que estar todo el día disponible. Me levanto a las siete de la mañana y cuando termino la oración dos o tres días a la semana por la mañana tengo que ir a Almería. Por las tardes me encargo de las catequesis y misas en los pueblos, trato de repartirme y así estoy los lunes en Benecid, los martes visito enfermos por los pueblos y la tarde estoy en Fondón, los miércoles libro y aprovecho para visitar a mis padres, los jueves estoy en Fuente Victoria y los viernes en Laujar.
Los fines de semana atiende misas en todos los municipios, y asegura que nunca «he llegado tarde a ninguna» así como que nunca ha dado positivo en la tasa del alcoholpese a tener que beber vino en todas las misas «pero bebo muy poquito, porque no me gusta, y además es vino dulce que no es muy fuerte».
Catecumenado de adultos, catequesis, misas, confesiones, oficios, labor administrativa y además busca tiempo para hablar con las familias formar iglesia y hasta jugar al fútbol con los niños. Todo ello en un mundo de tentaciones y de crisis de fe que él analiza como «una sociedad sin valores, la gente no tiene compromiso ni ambiciones». Ser sacerdote supone renunciar a muchas cosas pero para Palma «cuando uno se sacrifica por algo que quiere es feliz y no piensa en lo que se pierde. Esto requiere mucha vocación y sabes a lo que vas.
Yo me hice sacerdote porque cuando estudiaba COU me horrorizaba estudiar una profesión y dedicarme a ello para ganar y gastar dinero, eso no me llenaba, no quería un hueco en una sociedad para quedarme aparcado, necesitaba algo más y ahora mi vida tiene un sentido». Asegura que ser cura no es huir del mundo «sino meterte de lleno en él» y recuerda con sentimiento cómo puede ayudar a la gente con el ejemplo de una «joven que vino a confesarse porque había abortado. Se arrepentía y tenía miedo de que Dios no la perdonase.
Le di la absolución y fue alucinante ayudar a quitarle la angustia con la que vivía». Reconoce que ahora «con menos curas llevamos casi el mismo trabajo que hace años, aunque el obispo nos comentó recientemente que Almería tiene un clero joven y muy esperanzador».

sábado, 20 de noviembre de 2010

CONMEMORATIVO....

Dedico esta presentación fotográfica a estas personas que estimo mucho y que, en su momento, durante las vacaciones tuve la oportunidad de visitar. Hemos vivido unos excelentes momentos, inolvidables!!! Gracias a todos!!!! con mi afecto, Reynaldo Antonio Rivas